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Leadership

Lea(n)dership

Si è parlato di recente nella nostra community della figura del team leader e del ruolo che questa ha nelle organizzazioni. Nel caso specifico ci si riferiva ai capi-turno / capi-reparto che hanno la funzione di sovrintendere la produzione di una particolare area. Mi sembra però più utile estendere la riflessione a tutti i casi  in cui si crei la relazione tra un responsabile e i suoi referenti. 

Partirei dal chiedere cosa ci si aspetti, aziendalmente, da una figura di riferimento. Quali sono i risultati che deve portare e i comportamenti che deve tenere. 

Salvo rarissime organizzazioni in cui non ci sono dubbi su cosa aspettarsi, nella maggior parte di casi si naviga in un universo di grigi, di cose non ben definite (e tantomeno scritte), in target assenti o forse peggio ancora, autoassegnati. Questo può accadere un po’ a tutti i livelli. Giusto per capirci: provate a chiedervi se avete una “job description” scritta, obiettivi numerici di breve e medio periodo che vengono rivisti con cadenza regolare monitorando degli indici di riferimento. Mi pare di vedere le vostre facce…

Cosa centri tutto questo con la produzione snella è presto detto. Il lavoro di squadra è uno dei pilastri del Lean Thinking, quindi più stretta e solida è la sinergia che si crea tra i  dipendenti, maggiori saranno i risultati. Per rendere il risultato più certo sono, secondo me, essenziali alcuni strumenti, ma, soprattutto, un certo approccio mentale.

Hoshin Kanri e A3 sono i mezzi, il coaching il modo con cui relazionarsi. Tra superiore e sottoposto non ci dovrebbe essere un rapporto di ordine / esecuzione, ma un continuo scambio, basato sulla mentalità scientifica e finalizzato alla crescita sia personale che aziendale. Obiettivi coerenti a tutti i livelli aziendali, capacità di delega, autonomia e responsabilizzazione generano grande coinvolgimento e portano a risultati tangibili. Come ulteriore beneficio si garantisce il diffondersi della cultura aziendale. Detto così sembra tutto meravigliosamente semplice, ma sapete bene che non lo è. Molto più facile è avere un capo super indaffarato, affannato e difficile da raggiungere.

La leadership, quindi, si esprime attraverso l’esempio, la condivisione e il mutuo confronto. Si finisce per seguire il proprio responsabile perché diventa una sorta di guida e un riferimento e non perché “così si deve”.

Sono una rarità le aziende che hanno un’organizzazione strutturata per far crescere i propri dipendenti in tal senso. Ancor di più se si pensa al lungo periodo considerando veri e propri programmi di job rotation. I presupposti per arrivarci infatti sono tutto fuorché banali: occorre un’identità aziendale forte e un metodo padroneggiato dal top e middle management (e si parla di tutto il “classico” pacchetto di strumenti tipico del TPS). Dirigenza e responsabili diventano tutori e modelli.

Di nuovo, troviamo  le persone al centro di tutto.

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